Sui profili di chi ha a che fare con il settore ristorazione compaiono di continuo pagine sponsorizzate a tema cibo. Ciò succede perché i social come Facebook (e Instagram al traino) sanno (quasi) tutto di noi, ci inseriscono in caselle più che specifiche e basano sull’accuratezza delle loro indagini i costi di questi “cluster”. In gergo, si dice “Costo per click” (Cpc), ovvero il costo unitario di ogni click generato da un’inserzione a pagamento. Questo è un valore che varia in base a caratteristiche socio-demografiche come il sesso, l’età, la zona geografica e il settore merceologico. Ma è soggetto a fluttuazioni, perché i click sono oggetto di aste, che dipendono dalla situazione contingente.
18 mesi di analisi
Velvet Media, agenzia di marketing e vendita on line, ha analizzato gli ultimi 18 mesi, mostrando quali sono i trend di costo, quanto hanno inciso le fluttuazioni durante e dopo il lockdown, quali variazioni ci sono fra i settori da cui provengono i loro clienti (sono state analizzate circa 200 aziende).
«Stando ai dati emersi - dicono da Velvet - per Facebook un uomo vale più di una donna, un anziano vale meno di un giovane e le persone che vivono al Nord più di quelle al Sud». Analizzando i trend generali delle aste per le inserzioni, appare chiaro che le aziende che vogliono raggiungere uomini devono spendere di più: nel 2020, il Cpc costava 35 cent contro i 24 delle donne (ma nei primi sei mesi dell’anno, in pieno lockdown, le donne “costavano” di più: 11 cent contro 9). Il divario si è assottigliato nel primo semestre del 2021, ora il valore per gli uomini è di 17 cent, uno in meno per le donne.
Età e zona di residenza
Per quanto concerne le classi di età, nel 2020 i più cari sono i giovani dai 18 ai 24 anni (39 cent), seguiti da chi ha un’età tra 35 e 44 anni (37 cent). In “classifica” gli anziani sono ultimi: 16 cent per un over 65.
Nel primo semestre del 2021 si è confermata invece una decrescita nei valori medi: la fascia 18-24 vale 23 cent, quella 35-44 a quota 18 cent e quella 45-54 poco di meno, con un valore di 17 cent.
Anche la zona di residenza dell’utente è un discrimine. Lo scorso anno la regione più cara è stata il Veneto (20 cent), seguita da Toscana, Emilia Romagna e Lombardia (19), mentre in Basilicata si paga solo 13 cent, uno in più in Abruzzo, Molise, Sardegna, Sicilia e Umbria. Nel 1° semestre 2021 l’Emilia Romagna è diventata la più cara, con 31 cent a click.
E poi le merceologie
Arrivando ai dati delle categorie merceologiche, si nota che quella relativa al food nel 2020 è stata in media con il costo generale, che si aggira sui 27 cent. Per la precisione, nel 2020 il costo medio di un’inserzione food è stato di 29 cent, scese nel 1° semestre 2021 a 21 cent.
Abbiamo chiesto a Omar Rossetto, responsabile del dipartimento social in Velvet, di commentare i dati e il rilevato aumento degli inserzionisti. «La pandemia ha fatto scendere nell’arena dei social un numero incredibile di imprese del food e più inserzionisti ci sono sullo stesso pubblico più l’asta è costosa».
Traina il food
A ciò si aggiunge il fatto che il food è uno dei settori trainanti per il B2C. «Ha una enorme potenzialità, ma mantiene costi relativamente bassi perché punta su un pubblico generalista e non professionale. La pandemia ha aperto uno scenario di accelerazione digitale, in tutti i settori compreso il food, che non cambierà neanche quando l’emergenza sarà alle nostre spalle».