Le ricette dei Romani (quelli antichi) tornano a rivivere con Archeofood

Paolo Braconi e Marino Marini

Che sapore avevano i cibi dei Romani? È possibile riprodurli in una forma che possa piacere ai palati moderni? E, soprattutto, c’è un pubblico per prodotti di questo tipo? Paolo Braconi e Marino Marini sono convinti di sì. I due sono le anime del progetto Archeo Food. Partito nel 2007 in ambito accademico, oggi è anche un marchio di prodotti alimentari che in catalogo ha una mezza dozzina di specialità, come Puls Fabata (zuppa di farro e fave) e Olea in Sapa (crema di olive nere e mosto cotto), Mensae (il pane degli antichi romani) e altro ancora.

Riscoprire cibi dimenticati

Braconi è un archeologo, professore di Storia dell’Agricoltura dell’Alimentazione presso l’Università degli Studi di Perugia. Marini, cuoco e ristoratore, è docente dell’Università dei Sapori di Perugia. I due si sono incontrati quando Braconi ha avuto l’idea di far assaggiare ai suoi studenti i sapori dei cibi studiati sulle antiche fonti romane. «Col passare degli anni, Archeo Food è diventato anche produttore con l’idea di riscoprire cibi dimenticati che, opportunamente attualizzati, valga anche oggi la pena di mettere su un mercato sempre più attratto anche dai valori culturali che il cibo ha», spiega Braconi.

La differenza nei sapori

La parola chiave è proprio attualizzare. Cibi identici a quelli che mangiavano gli antichi romani piacerebbero ai nostri giorni? Probabilmente no. «Duemila anni fa il gusto era molto differente da quello di oggi. Per esempio, la commistione tra sapori dolci, salati e acidi dei romani a noi può risultare sgradevole - racconta Marini -. Per questo, i primi tentativi di riprodurre esattamente le ricette contenute nel De re coquinaria di Apicio hanno portato a molti fallimenti. Fin dall’inizio, quindi, ci siamo posti il problema dell’originalità dei sapori in rapporto alla differenza delle materie prime e di come rendere palatabile qualcosa che ha 2000 anni. Abbiamo fatto tantissimi esperimenti prima di arrivare ai prodotti che proponiamo».

«Noi innoviamo il passato - chiarisce Braconi -. Non ci interessa rifarlo esattamente com’era, ma farlo nel modo più adeguato al contesto moderno. Si può dire che facciamo retroinnovazione». «Lo studio delle fonti storiche permette di recuperare «determinate tecniche e lavorazioni gastronomiche proprie di cibi millenari che possono avere una loro ragione d’essere anche oggi», sottolinea Marini.

Gusti estremi

Qualche esempio? Le cotture lunghe. O l’inserimento “quasi ossessivo” di aromaticità nei cibi, che in epoca romana è legata soprattutto all’uso di due insaporitori: il garum, il lontano antenato della colatura di alici che nel De re coquinaria è onnipresente, addirittura anche nei dolci; e il mosto cotto, un alimento della cucina antica quasi dimenticato ai giorni nostri: «Ma che avrà grandi possibilità in futuro», afferma Marini. Da parte sua, Braconi sta elaborando una tecnica per ottenere un mosto ridotto di Sagrantino ottenuto per disidratazione e non per cottura. Il risultato, dice, è straordinario.

Dai Sumeri all'Artusi

La ricerca di Archeo Food, in ogni caso, non si limita all’Antica Roma, ma inizia dai Sumeri per arrivare agli scritti di Pellegrino Artusi che nel 1891 diede alle stampe La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene. «Stiamo sperimentando molti altri cibi di diversi secoli fa in chiave innovativa. Tra questi, il Porcellus traianeum, un salume servito freddo, che si taglia come il prosciutto o il pastrami, molto aromatico. Ha sentori molto piacevoli e un equilibrio tra dolce e salato che nella nostra cucina è andato perso e che noi vogliamo rimettere in gioco perché dal punto di vista gastronomico ha la sua valenza», racconta Marini.

Canali distributivi

I prodotti Archeo Food sono pensati per essere distribuiti in diversi canali, primo fra tutti quello dei bookshop e delle caffetterie di musei e siti archeologici, ma anche ristoranti e bistrot possono essere interessati a inserire in menu piatti dalla forte connotazione storica. «Nell’horeca siamo già in grado di evadere le richieste - dice Antonio Guaitini di A+, la società che produce e commercializza i prodotti Archeo Food -. Le referenze attualmente disponibili consentono, se acquistate insieme, di creare una piccola cena romana. Ma su richiesta possiamo studiare cibi di altre epoche».

Tra i servizi offerti da Archeo Food c’è anche la consulenza. «Il valore aggiunto dei nostri prodotti è la storia - afferma Marini -. Nella ristorazione il concetto di qualità non riguarda più solo il prodotto, ma anche il racconto, quindi occorre lavorare per incrementare il valore culturale della narrazione del cibo, cui sono legati contenuti storici, sociali, economici. Da questo punto di vista il nostro Paese ha grandi possibilità, perché abbiamo questo tipo di cultura e una documentazione millenaria, ancora troppo poco valutata».

 

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