Una visita in Expo entro ottobre è d’obbligo. Nonostante le immancabili critiche (fra cui quelle che riguardano i ristoranti interni all’esposizione, molti dei quali abbastanza costosi, a volte espressioni più di una cucina global e “figlia” di multinazionali, piuttosto che della biodiversità); nonostante alcuni evidenti limiti, ci sono padiglioni che sembrano mercatini dell’artigianato, altri che sarebbero più indicati in una fiera del turismo, l’occasione è comunque importante per catturare informazioni, prendere consapevolezza in merito alle varie filiere produttive e agli sprechi alimentari, per scoprire nuovi prodotti e modi di presentare gli alimenti.
Proprio sul modo di comunicare e proporre il cibo, ci sentiamo di tributare una standing ovation al Giappone - padiglione in cui la fila all’ingresso è immancabile, ma vale la visita - che nel suo padiglione propone un viaggio incentrato sul tema della “Diversità Armoniosa”.
Sono due piani in cui il visitatore può vivere in modo interattivo e multimediale un percorso che parte dalle coltivazioni agricole giapponesi per arrivare fino al cibo e al “ristorante del futuro”.
Così ad esempio, percorrendo una sala in cui risaie, pesci, lucciole e cicogne sono proiettate a 360° in tutto l’ambiente - dal soffitto alle pareti, ai pavimenti - grazie alla tecnologia video il visitatore vive la sensazione di essere immerso in un ambiente naturale che favorisce lo sviluppo di una lussureggiante vegetazione e di numerose specie animali e vegetali, simboleggiati dalla cicogna, un volatile che può vivere solo in un ricco ecosistema.
Ancora più coinvolgente e innovativo il “ristorante del futuro”: in una grande sala sono allestiti tavoli multimediali concentrici; qui ogni visitatore ha a disposizione un monitor che, al semplice tocco delle tipiche bacchette giapponesi, gli consente di effettuare scelte virtuali in tema di ingrediente preferito, stagionalità, modalità di cottura. Oggi è solo un modello espositivo, ma forse in anni non troppo lontani potrebbe davvero diventare realtà, consentendo al cliente un’interazione diretta con la cucina, che in tempo reale avrebbe anche la possibilità di conoscere statistiche di vendita e di gradimento della clientela. E chissà quali altre opzioni ancora potrebbe offrire la tecnologia. Oggi suona molto fantascientifico, ma tra dieci anni, chissà…
Le opportunità dell’informatica e le applicazioni scaricabili sugli smartphone hanno consentito di creare quella che i giapponesi hanno battezzato la “Cascata delle diversità”: una sorta di totem sul quale scorrono innumerevoli immagini di materie prime e foto di piatti tipici della cucina giapponese. E qui viene il bello: scaricando sul proprio telefonino l’applicazione gratuita “Padiglione Giappone” e inserendolo in apposite fessure alla base del totem, con un tocco delle dita si possono trascinare le immagini in corrispondenza del proprio smartphone, nel quale, per tecnologica magia, vengono scaricate le immagini dei piatti scelti (peccato che manchino le ricette, cosa sicuramente rimediabile). Così ogni cliente si porta a casa l’imperituro ricordo dell’esperienza gastronomica. In questo caso è solo virtuale, ma cosa impedirebbe, con i dovuti adattamenti, di renderla applicabile anche a un ristorante, considerando che i costi per la creazione di una app basic partono da 2.000/5.000 euro?