La carta dei caffè non si vende da sola

carta dei caffè

Conoscere a fondo ciò che si offre ai clienti è fondamentale: il consumatore è sempre più esigente e - come osserva qualche addetto ai lavori - saccente, nonostante le sue basi non siano sempre fondate su fonti realmente attendibili. Ciò è ancora più vero per il caffè, di cui gli italiani sentono di “conoscere tutto” a priori e identificano l’espresso pressoché esclusivamente negli aromi legati al mondo dell’amaro. Ma il mercato sta cambiando e si scopre che in tazza si possono trovare più aromi; in questa fase iniziale è importante coinvolgere l’ospite in un percorso di crescita che, se ben gestito, convince e ripaga. A fronte di ciò non stupisce il fatto che il semplice fatto di presentare al tavolo una carta dei caffè possa non dare i risultati sperati.
L’uso delle capsule nelle case ha portato in alcuni casi una conoscenza delle origini e delle loro caratteristiche. Può quindi succedere che davanti a una carta con singole origini, ci sia chi riconosce un “gusto amico” in un Brasile o un Etiopia, ma è come lasciare un commensale inesperto alle prese con una carta dei vini ricca e articolata; una descrizione ordinata e chiara è un’utile guida, ma dovrà essere supportata dagli approfondimenti del sommelier. È a questa figura che si può affidare il compito di formarsi sulla cultura del caffè, facendo scoprire agli avventori che c’è ben altro oltre il “solito”: esperienze di gusto ed emozioni all’altezza del percorso culinario che le ha precedute. Infine: una carta al cui interno il caffè si perde tra dolci, liquori e distillati e magari l’offerta di te e tisane, difficilmente sarà efficace. E diventa una opportunità non colta per differenziarsi.

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