Quaglie, fagiani e piccione (e molto altro). La nostra inchiesta sulla cacciagione

Battuta di colombaccio scalogno marinato di Igles Corelli
Piccioni, anatre, fagiani, quaglie, pernici. Ormai non mancano mai dei menu dei ristoranti top. Predilette da molti chef e oggi richiestissime dai clienti. Cinque esempi di come presentarle.

 

Alcune preparazioni o ingredienti sono riconosciuti come banchi di prova dell’abilità tecnica di ogni cuoco. Tra queste materie prime troviamo piccione e anatra: servirli al giusto punto di cottura richiede conoscenza della materia prima, esperienza e sicurezza dei propri mezzi. Anche perché proporre un petto di piccione al sangue o un’anatra al rosa oggi non è sempre facile.

Sulla perfezione non si transige

Devono dunque essere perfetti per far innamorare anche il più scettico e schizzinoso dei clienti. Piccione e anatra, dunque. Ma anche fagiani, quaglie, colombacci e pernici sono carni nobili, tra le predilette di molti chef. Sono piatti che testimoniamo conoscenza della materia prima, utilizzo delle moderne tecniche di cottura, fantasia negli abbinamenti.

Ecco dunque cinque chef e le loro personalissime interpretazioni dei piatti a base di cacciagione

 

Igles Corelli, selvaggina anche a bassa temperatura
Il petto di germano con platano di Igles Corelli

Igles Corelli ama molto la selvaggina e l’ha sempre avuta in carta nei suoi diversi ristoranti. Certo, da anni - da quando cioè la legge sulla caccia ha bandito dalle tavole dei ristoranti tutti i volatili selvatici tranne sei - nei suoi menu manca la beccaccia, la “regina della tavola”, come la definisce lo chef con nostalgia. Però non mancano le alternative. Una sua ricetta storica è il germano farcito di anguilla: avvolto nella rete di maiale, il petto viene cotto sulla brace e servito con salsa al sambuco. Un piatto che, dice Corelli, “ha sentori di palude” e ricorda l’habitat del delta del Po, dove il germano reale si ciba di bacche e piccole alghe. Tra le proposte più recenti e ancora in carta c’è invece il colombaccio di passo, di fatto servito crudo: Corelli fa una tartare, la affumica con legno di vite, la condisce con yuzu e aceto balsamico tradizionale e la serve con verdure fermentate. Negli ultimi tempi, racconta lo chef ferrarese, si è cominciato a cuocere la selvaggina a bassa temperatura, però bisogna sempre fare molta attenzione alla salubrità delle carni. Per quanto riguarda la frollatura, invece, oggi la tecnologia degli ultrasuoni permette di fare una maturazione “spinta” che in 30 minuti dà gli stessi risultati di una frollatura tradizionale di 20 giorni.

Leggi qui di seguito le interpretazioni degli altri chef

Il piccione viaggiatore di Enrico Cerea

 

 

 

 

 

 

Il piccione fondente di Niko Romito

 

 

 

 

 

 

E Matteo Felter lo propone con Porto e anguria

 

 

 

 

I ripieni di Emanuele Donalisio

 

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