Ristoranti: non c’è più spazio per tutti. Il dati del rapporto Fipe-Confcommercio

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Crescono i consumi alimentari delle famiglie, l’occupazione nella ristorazione, il valore aggiunto delle imprese e l’imprenditoria femminile. L’annuale Rapporto Fipe fotografa anche un saldo negativo di 15mila attività, segno che il settore richiede un livello di professionalità sempre più elevato

L’obiettivo “ritornare ai livelli pre-pandemia” è stato finalmente centrato. È questa l’estrema sintesi del rapporto Rapporto Ristorazione 2024, curato da Fipe-Confcommercio, che da 12 anni fotografa lo stato dell’arte del settore. Segnali incoraggianti, quindi, con una spesa delle famiglie nei consumi alimentari del fuori casa a 92 miliardi di euro, un valore aggiunto del settore a quota 54 miliardi e un dato dell’occupazione in costante crescita, oggi a 1,4 milioni di addetti. Forte l’incidenza dell’imprenditoria femminile e straniera, ma anche tanti nuovi innesti di under 35.

Dato negativo solo sulla nati-mortalità delle imprese, che segna un -1,2%. Sui 331.888 pubblici esercizi, 195.471 sono ristoranti, dei quali per oltre un quarto figura una donna come titolare. Nel solo settore ristorazione, nel 2023 hanno avviato l’attività 6.205 imprese a fronte delle 15.188 che l’hanno cessata, con un saldo negativo di 8.983 unità. Le regioni a più alto turnover sono state il Lazio e la Lombardia. «La contrazione del numero delle imprese - commenta Lino Enrico Stoppani, Presidente di Fipe-Confcommercio - non è necessariamente una cattiva notizia, se si traduce in un rafforzamento delle competenze e un aggiornamento dei format». Ma fa da contraltare un non lusinghiero tasso di sopravvivenza delle nuove imprese, che supera, a cinque anni, appena il 50%. «Nel caso delle ditte individuali - si legge nel rapporto - il tasso di sopravvivenza di un ristorante è del 78% a un anno dalla nascita, del 62% a tre anni e del 50% a cinque anni».

Di contro, per chi è riuscito a resistere a pandemia, venti di guerra e inflazione, si registra un miglioramento dei conti: il fatturato è in crescita, con un incremento medio del 13,6% rispetto al 2022, anche se va detto che influisce per quasi la metà la componente prezzi, che registra nel 2023 un aumento dei listini del 5,8%, al di sotto del tasso di inflazione generale. «Possiamo dire - si legge nel rapporto in merito al sentiment dei ristoratori - che nel 2023 ristoranti e bar hanno fatto un ulteriore passo in avanti per recuperare le perdite subite negli anni della pandemia e superare le difficoltà più recenti dovute all’incertezza del quadro internazionale e all’aumento dei prezzi».

Importante e sentito il capitolo occupazione: il 2023 può essere considerato un anno positivo , con un +6,4% rispetto al 2022 e +2,3% rispetto al 2019, il settore dei pubblici esercizi raggiunge quota 1,4 milioni di addetti (6,4 unità per impresa), dei quali oltre la metà sono donne. Focalizzando l’attenzione sul solo lavoro dipendente, le oltre 165mila aziende con almeno un dipendente hanno impiegato, nella media dell’anno, oltre un milione di lavoratori (6,4 unità per impresa, delle quali 625.473 sono quelle che afferiscono al solo comparto ristorazione), superando dell’8,1% il livello pre-pandemia (circa 80mila unità in valore assoluto). Pur essendo ancora sentito il tema del reperimento di personale qualificato (lo denuncia il 70% degli intervistati), il settore mostra un trend positivo per i contratti a tempo indeterminato, cresciuti di oltre 11mila unità rispetto al 2019, anche grazie al rientro in campo di due fondamentali fasce: i giovanissimi (36,4% la variazione 2019-2023 per gli under 20) e i dipendenti più maturi, che hanno appeal sul mercato del lavoro grazie alla loro esperienza. Se si sommano la fascia 50-60 e quella over 60 la variazione 2019-2023 supera il 64%. Interessante analizzare anche la forma di contrattualizzazione: nei pubblici esercizi, l’87,8% dei dipendenti svolge mansioni operative e non è trascurabile il numero degli apprendisti, pari a oltre 79mila unità. Un trend in ulteriore crescita: alla domanda “aumenterebbe il numero di addetti nel 2024?” oltre un quinto dei proprietari di ristoranti (22,8%) ha risposto sì.

Nel 2023 un imprenditore su due del segmento ristoranti ha effettuato almeno un investimento (si veda intervista), destinato all’ammodernamento o al miglioramento della propria attività. A questo si aggiunge l’attenzione alla sostenibilità: circa 9 pubblici esercizi su 10 hanno adottato misure concrete per il controllo dei consumi energetici e il rispetto dell’ambiente.

 

L'intervista a Luciano Sbraga, Direttore Centro studi, Fipe-Confcommercio

Fra gli indici in positivo del 2023 c’è anche la spinta agli investimenti. Questione di fiducia ritrovata?

Sicuramente, ma rispondono anche a pressanti esigenze di sostenibilità ambientale ed efficientamento energetico, oltre a un’accelerazione digitale e tecnologica.

Quali sono gli acquisti più ricorrenti?

Principalmente riguardano il rinnovo del cosiddetto parco macchine. Secondo l’approfondimento della nostra ricerca su questo tema, tenendo presente che si poteva rispondere indicando anche più di una voce, il 14,3% degli investimenti è servito proprio per l’acquisto di attrezzature per la lavorazione degli alimenti, come impastatrici e celle di lievitazione; l’11,7% per attrezzature per il lavaggio; l’11,3% per attrezzature per la refrigerazione; il 10,2% per attrezzature per la conservazione di cibi; il 9,5% per attrezzature per la cottura. Un altro ambito di investimento molto sentito dai ristoratori è quello digitale, con il 13,2% delle imprese che potenziato la comunicazione digitale, l’8% che si è occupato della digitalizzazione dei processi utilizzando per esempio software gestionali, il 7,2% che ha investito in sistemi di interfaccia con il cliente più aggiornati, come registratori di cassa e Pos. Qui siamo su numeri più bassi, ma teniamo conto che questo ambito e quello dei dehors aveva visto un picco nel biennio precedente, per via della pandemia.

In termini economici di che cifre parliamo?

Complessivamente, in media gli imprenditori del segmento ristoranti hanno investito 38.547 euro nel 2023. Una cifra che, in termini percentuali, rappresenta circa il 6,5% del loro fatturato.

Come si finanziano queste spese diciamo extra?

L’autofinanziamento è la modalità più utilizzata: 6 imprenditori su 10 hanno coperto gli investimenti attingendo ai propri capitali e il 19% ha ottenuto un finanziamento dai soci. Il 27,6% ha invece ottenuto un credito a medio-lungo termine dalle banche.

Continueranno a investire?

Secondo il nostro sondaggio sì: quasi il 60% dei ristoratori intervistati prevede investimenti per l’anno prossimo.

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