Giovani in fuga dalle scuole alberghiere

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Nel l'ultimo anno quasi il 50% in meno di iscritti

Una cosa è lo chef superstar della tv e un'altra è il lavoro di tutti in giorni in cucina. Raramente il modello di ristorazione raccontato dai media corrisponde a realtà, i giovani sembrano averlo capito e, dopo la corsa alle scuole alberghiere negli anni passati, mostrano una disaffezione che preoccupa seriamene la categoria dei ristoratori sempre più preoccupato dalla carenza di personale.

La tendenza negativa non accenna ad arrestarsi. L’anno scolastico con il maggior numero di iscritti alle scuole alberghiere è stato il 2014/2015, con 64.296 nuovi studenti. Il 2021/2022 ha invece visto iscriversi solo 34.015 giovanissimi aspiranti operatori del settore, -47,1%.

Secondo l’Osservatorio della Ristorazione, questa fuga di capitale umano dal settore, definita a livello internazionale “The Great Resignation”, è frutto di una complessa concomitanza di concause. Soprattutto la realtà, rilevata dall’analisi dell'Osservatorio, di “condizioni lavorative alienanti e ritmi faticosi” e paghe spropositate (in difetto) rispetto all'impegno lavorativo richiesto. A questo punto, finisce col giocare un ruolo importante importante la nascita di nuove professioni capaci di prospettare risultati professionali e di guadagno migliori in meno tempo.

«Questo clima di sfiducia e diffidenza – spiega Lorenzo Ferrari, fondatore e ceo di Ristoratore Top - va combattuto facendo sistema e ripensando il settore per attirare e, soprattutto, trattenere i più giovani, aprendo a figure professionali più consone alle competenze e alle aspirazioni dei nativi digitali e ridisegnando orari e modalità di lavoro. Lo stesso contratto nazionale andrebbe rivisto per stimolare l’appeal del mondo ristorativo».

 

 

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