Brasati e bolliti: cinque chef ci raccontano come farli e come presentarli al cliente

guancia di vitello brasata
Tagli poco eclettici e inadatti a molte preparazioni diventano insostituibili quando si parla di bolliti e brasati. Tra lingua, cappello del prete, guancia, coda, gallina e molto altro, cinque chef ci raccontano tecniche di cottura e ingredienti perfetti

Bolliti e brasati celebrano la carne in modi diversi, offrendo esperienze gustative uniche, tipicamente italiane. Qualsiasi taglio si scelga, i pilastri di questi metodi tradizionali sono lentezza della cottura, estrema morbidezza e sapore ricco.

Per entrambe le tecniche, i tagli che caratterizzano queste preparazioni sono tipicamente sempre molto nervosi e ricchi di tessuto connettivo poiché derivano da parti anatomiche dell’animale che lavorano molto, come spalle, guance, collo e stinchi.

Ecco come i cinque chef intervistati riescono ad ottenere la massima tenerezza possibile unita a un sapore ricco e avvolgente.

Il carrello perfetto

I bolliti dell'Antica Trattoria La Busa di Spilamberto (Mo)

A Modena, territorio dove sorge il ristorante Antica Trattoria La Busa di Spilamberto, la cui cucina è curata dallo chef Fabio Troilo, il bollito è protagonista della tradizione gastronomica, presentato con tagli differenti e abbinamenti diversi. La ricetta che ci ha raccontato lo chef è appunto Bolliti misti al carrello con salsa verde, salsa rossa e mostarda di Voghera.

«Il bollito rappresenta la vera tradizione modenese. Preparo la copertina di manzo e cappone. Messi in acqua fredda e successivamente portati a ebollizione, dopo circa 2-3 ore producono un buonissimo brodo e il prelibato lesso. Lingua di manzo, guanciale di manzo e testina di vitello vanno invece messi in acqua già bollente e cotti separatamente per 2-4 ore. Questione un po' più lunga per cotechini e zamponi freschi».

La sera prima, infatti, vanno messi in rete come un arrosto e lo zampone va tagliuzzato nella parte finale della zampa, in modo da lasciar fuoriuscire il grasso durante la cottura. «Dopo aver messo lo zampone a bagno in acqua fredda tutta la notte, al mattino successivo è sufficiente accendere il gas, portare a ebollizione lenta, farla proseguire fino a quando con un forchettone è possibile affondarlo nella carne. Stessa tecnica per capire la cottura anche degli altri tagli. Infine, è sempre cosa e buona e giusta cuocere la carne portandola prima a una temperatura più vicina a quella dell'ambiente».

Gli errori da non commettere

Per ottenere un brasato perfetto ci sono alcuni errori da non commettere di cui ci ha parlato lo chef Vincenzo Manicone del Cannavacciuolo Cafè & Bistrot di Novara. Tra questi c’è la scelta di un taglio di carne non adatto alle lunghe cotture, come ad esempio la parte posteriore dell’animale poiché troppo magra. Inoltre, se si sceglie un pezzo di carne molto grande, c’è il rischio che l’interno rimanga privo di sapore nonostante si vada a salare la carne.

La spalla di agnello brasata di Vincenzo Manicone del Cannavacciuolo Cafè & Bistrot di Novara

«Per questo, prima si può procedere con la preparazione della salamoia, una soluzione di acqua e sale al 3% o al 4%, lasciando la carne dentro per 6 o 12 ore in base alla sua grandezza. Quando sarà abbastanza saporita, verrà asciugata e si andrà avanti con la scottatura con il burro chiaro e la brasatura. Si può scegliere anche una marinatura con il vino bianco o rosso e un mazzetto di erbe aromatiche, per poi procedere con la brasatura classica, usando come brodo anche il vino stesso».

Un altro consiglio dello chef Manicone è scottare prima la carne: un passaggio molto importante affinché i succhi rimangano all’interno e la carne sia più gustosa. Non scottandola, la carne scuocerebbe troppo facilmente e risulterebbe quasi bollita. Anche l’utilizzo del coperchio e della fiamma non troppo forte sono necessari a non far stracuocere la carne e a non farla rimanere troppo asciutta.

Spalla di agnello brasata, la ricetta dello chef del Cannavacciuolo Cafè & Bistrot

«Sia i brasati che gli arrosti hanno cotture lunghe, in cui si predilige la parte anteriore dell’animale, come appunto può essere la spalla. Dopo averla scottata, si marina con senape e spezie, che io faccio arrivare direttamente dal Marocco, affinché la carne si insaporisca. La lascio per tutta la notte, così che prenda bene il gusto. Dopodiché, si procede con la brasatura classica, che prevede un fondo di verdura, quindi carota, sedano e cipolla, a cui aggiungo anche i peperoni rossi. Successivamente, la spalla viene messa nella casseruola a fuoco vivo e si bagna con il fondo di vitello e brodo di carne, chiudendo con un coperchio e girando di tanto in tanto all’inizio. È necessario lasciare ferma la carne affinché non si rovini e non si sfilacci». Si capisce che la cottura è ultimata quando l’osso si rimuove con estrema facilità dalla carne.

«Dopo averla disossata, la carne va in pressa senza il liquido e si fa raffreddare. Nel frattempo, il liquido rimasto viene fatto restringere e diventa cremoso al punto giusto. Poi si posiziona la spalla fredda tagliata a cubetti nel burro chiaro per rendere la crosta croccante e il fondo di cottura ristretto viene glassato. A fine preparazione la carne risulta morbidissima all’interno, lucida e invitante grazie alla glassa. E la salsa ha un gusto speciale perché ha accumulato al suo interno i succhi della carne».

In merito agli strumenti, per la brasatura classica sono sufficienti casseruole, coperchi e fiamma viva, ma con le moderne tecnologie il metodo tradizionale è spesso sostituito dalla cottura al forno. «La brasatura si può simulare con il sottovuoto, scottando la carne e facendo il fondo di verdure a parte. Quando tutto è raffreddato, si procede con il sottovuoto e la brasatura».

Anche per i risotti

Risotto al rosmarino, coda di bue e arancio candito di Mattia Bianchi

Mattia Bianchi, resident chef del Ristorante stellato Amistà, all’interno di Byblos Art Hotel di Verona, prepara il suo Risotto al rosmarino, coda di bue e arancio candito prevedendo la brasatura del pezzo di carne. Per prima cosa, effettua la marinatura della coda per almeno 16 ore nel vino rosso, preparando sedano, carote e cipolle e odori come chiodi di garofano, bacche di ginepro, rosmarino, alloro e aglio.

«Il giorno successivo, la coda viene scolata dal liquido di marinatura, leggermente infarinata e scottata in padella. A questo punto brasiamo in modo tradizionale. Una volta finita la brasatura, togliamo la coda dal liquido e spolpiamo la carne facendo attenzione a mantenere i pezzi il più interi possibile. Nel mentre, il brodo con cui abbiamo fatto marinatura e brasatura viene ridotto aggiungendo una demi-glace di vitello per bilanciare il gusto, che altrimenti risulterebbe troppo acido, fino a trasformarlo in salsa». Per il risotto lo chef utilizza brodo di gallina classico e mantecatura con parmigiano, burro, rosmarino tritato fresco e uno zest di arancia.

I vantaggi

I vantaggi della brasatura sono diversi, tra cui la semplicità: una volta che la coda è brasata e messa sottovuoto, ha una shelf-life anche di una settimana. «Nel momento in cui se ne ha bisogno, è facilmente rigenerabile a una temperatura di 75-80°C. Questo rende la cottura particolarmente adeguata a banchetti e per la carta di un ristorante. È molto interessante anche la possibilità di dare l’aroma che si preferisce sulla base della marinatura, che è personalizzabile a piacimento usando il vino o dei centrifugati di verdura. Infine, con la cottura brasata, è possibile valorizzare tagli di carne anche non nobili».

La guancia, un vero must

La guancia di vitello brasata di Giancarlo Lo Giudice

Lo chef Giancarlo Lo Giudice a capo della cucina gourmet del Ristorante Terrazza Ramè di Napoli, nel contesto del Gold Tower Hotel, ci ha raccontato della sua ricetta Guancia di vitello brasata al vino rosso.

«Sebbene sia molto impegnativa da cucinare, la guancia di vitello è un taglio di carne molto versatile, indispensabile nel bollito e perfetta per la bassa temperatura, buona nella Genovese e ideale appunto per il brasato. Questa tecnica di cottura, che porterà a una carne che stupisce per la sua morbidezza e gusto e per la vellutata consistenza della sua salsa, implica tre passaggi fondamentali: in primis la rosolatura della carne a fuoco vivace in un grasso, che può essere olio o burro, per provocare la reazione di Maillard. Il passaggio successivo è l’aggiunta di un liquido che la anneghi quasi completamente, come un vino rosso o un brodo, a cui segue il gesto di coprire ermeticamente la pentola con un coperchio per creare una camera di vapore che consenta una cottura lenta e prolungata. Una cosa da non sottovalutare mai quando si lavora un taglio di carne così è rispettare sempre i tempi: cotture troppo corte restituirebbero una carne fibrosa e dura».

Come velocizzare le cotture

Se si vuole velocizzare la cottura della guancia e renderla più tenera, lo chef spiega che è possibile metterla a marinare con aromi e vino rosso per una notte e poi utilizzare lo stesso liquido per brasare. Entrando nel dettaglio del procedimento, Lo Giudice taglia innanzitutto ogni guancia in pezzi non troppo piccoli, di circa 6-7 cm per lato e li massaggia con la senape fino a ricoprirli.

«Poi rosolo a fiamma vivace con del burro pochi pezzi alla volta per non abbassare troppo la temperatura e assicurarmi che siano sigillati bene da ogni lato. Quindi taglio sedano, carota e cipolla a tocchetti e aggiungo le erbe aromatiche e faccio appassire il tutto in una capiente casseruola con dell’olio. Quindi ci metto la guancia e copro fino a tre quarti con il vino rosso, inserisco bacche ginepro, chiodi di garofano e cannella e chiudo con il coperchio. La guancia deve cuocere circa quattro ore, ma di tanto in tanto va controllata per evitare che si attacchi sul fondo». Lo chef sottolinea l’importanza del “test della forchetta”: «L’unico valido per accertarsi della cottura: quando affondandola nella carne questa cede come il burro, sarà pronta. Quindi è tempo di servirla con il contorno». Tra le verdure più indicate per accompagnare il brasato ci sono carote, fagiolini e funghi, ma anche un purè classico o di sedano rapa.

Il classico (e intramontabile) brasato di manzo

Per il suo Brasato di manzo, lo chef Fabio Carotenuto del ristorante Da Berti utilizza, per aromattizzarlo, il cioccolato fondente e una lunga marinatura tradizionale. «Il primo passaggio è marinare per un giorno intero il cappello del prete di manzo nel vino insieme a tutte le verdure, quindi sedano, carote, cipolle e aglio. Dopodiché si può procedere alla cottura del brasato, che deve avvenire a fuoco lento per circa 2,5 - 3 ore. Arrivati a tre quarti del tempo di cottura, aggiungo il cioccolato fondente e il bicchierino di grappa».

Nelle diverse scuole di pensiero tra fiamma viva e fiamma debole, lo chef Carotenuto spiega che secondo il suo metodo «occorre evitare di cuocere la carne a fuoco alto poiché è un piatto che richiede tempo nella preparazione e sui fornelli. I vantaggi di questa cottura stanno anche nella possibilità di mantenere intatta le qualità e la morbidezza della carne. E, importante, ritengo sia fondamentale marinare la carne per 24 ore prima di metterla sul fuoco».

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