A Venezia il caffè rende

Gli italiani non hanno sempre gli strumenti (o il palato) per riconoscere una miscela e un’estrazione di qualità. Su un punto, però, tutti o quasi concordano (come confermano varie ricerche di mercato): al ristorante troppo spesso si ricevono caffè considerati scadenti. Cattive miscele, polvere che staziona nella tramoggia o nel dosatore troppo a lungo, perdendo ogni aroma, macchine sporche. A giustificare la scarsa attenzione viene portata la scusa de “il caffè non rende”. «Nel mio locale lo faccio pagare due euro. Se si considera che al bar si vende tra l’euro e l’euro e dieci, direi che il margine è più che sufficiente - osserva Paolo Lazzari, titolare con la moglie Laura del ristorante Vini da Gigio a Venezia -.
Quando si entra in un ristorante, durante il pasto, si compone un puzzle di sensazioni; e il caffè è una parte importante di questo insieme, da considerare al pari delle altre portate». Dopo aver provato delle monorigini, Lazzari ha deciso di “costruire” per il proprio locale una miscela ad hoc con Caffè del Doge: quasi totalità di caffè Arabica e una piccola parte di Robusta. Al gusto ha una nota acida che dà freschezza, alla quale si unisce quella di cioccolato amaro, molto piacevole. La crema è ricca e persistente. Insomma, una miscela di qualità facile da trasformare, tanto che tutto il personale è in grado di realizzare un’eccellente tazzina. Il gradimento dei clienti è evidenziato dal fatto che spesso molti ospiti chiedono un secondo espresso. I posti a sedere sono cinquanta e il consumo medio giornaliero di circa mezzo chilo: il titolare cura personalmente l’avvio della macchina, una Elektra a un gruppo, curando che dosi e tempi di estrazione siano esatti; la pulizia viene effettuata ogni giorno.

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