Tra caffè e vino ci sono vari paralleli, che vanno dalla coltivazione alla lavorazione, dalla cura nella conservazione al servizio. Sono prodotti “nobili” ma la modalità con cui sono proposti al cliente finale è molto diversa. Al sommelier sono richieste la conoscenza del prodotto, la capacità di suggerire il vino adatto e di servirlo verificando l’assenza di difetti; la stessa competenza, invece, non è in genere richiesta al barista, mentre controlli analoghi a quelli del vino andrebbero fatti anche sul caffè. Così, se alla prima estrazione della giornata si coglie odore di stantio o aspro e sgradevole è il caso di verificare se il caffè in campana o nel dosatore sia vecchio (bastano poche ore per il macinato e 1-2 giorni per i grani perché si perda la fragranza) o se l’attrezzatura sia stata pulita correttamente (ogni giorno la macchina espresso, 2-3 volte la settimana il macinacaffè). In caso contrario è bene introdurre caffè fresco
in tramoggia e pulire con prodotti appositi. Con le successive estrazioni si verificano la quantità del liquido erogato in 25” circa (dovrebbero essere 25 millilitri), la consistenza e il colore della crema, gli aromi, il gusto e il retrogusto. Anche l’acquisto del caffè richiede oculatezza: sarebbe bene degustarne più tipi e scegliere il più indicato al proprio locale, dato che da una zona all’altra d’Italia i gusti cambiano significativamente.
Chi porta al tavolo il caffè dovrebbe sapere cosa offre e saperlo comunicare. Le ricerche di mercato dicono che al ristorante il cliente gradisce ricevere informazioni. Lo stesso si può fare col caffè, spiegando origini e caratteristiche organolettiche della miscela.